martedì 25 novembre 2008

Cosa ne sappiamo dei Templari?

di Massimiliano Benvenuti

Era l'11 agosto del 2006 quando io e mia moglie (Antonella Fusco) partimmo in direzione sud per andare a Castel del Monte. Dopo oltre 4 ore di viaggio sotto una incessante pioggia arrivammo finalmente ad Andria.


Cosa cercavo?
Non ne avevo la minima idea, ma qualcosa mi spingeva in quella direzione, erano giorni che ovunque mi girassi trovavo l'immagine o un riferimento a Castel del Monte, per giunta proprio in quel periodo avevo dei giorni di ferie da fare, per di più era agosto, l'ottavo mese dell'anno, corrispondente al numero su cui ruota l'intera costruzione, questo per qualcuno può sembrare solo una serie di coincidenze fortuite, per me che cerco risposte, ha un solo nome SINCRONICITA'. Più che un termine a se stante è un vero e proprio linguaggio che ho iniziato a comprendere grazie ai metodi appresi da Umberto Di Grazia.


Aveva da poco smesso di piovere, dopo aver ammirato dall'esterno la maestosità della costruzione ci avviammo verso l'ingresso principale. L'interno non è come uno se lo aspetterebbe, infatti era spoglio praticamente privo di arredamenti, percorremmo il corridoio circolare del piano terra ammirando le geometrie ricche di simbolismi che il monumento racchiude, i marmi diversificati utilizzati per la costruzione, senza però notare nulla di diverso. Passati al piano superiore attraverso le scale a chiocciola i motivi architettonici sembravano replicare quando già visto precedentemente. Solo una cosa non avevamo visto, esistevano infatti delle stanze ricavate dagli spazi interni delle torri a pianta ottagonale ben visibili dall'esterno. le altre erano inaccessibili perché chiuse ai visitatori con dei portoni in legno, probabilmente da quello che ho potuto osservare, vengono utilizzate come magazzino per le attrezzature di pulizia e manutenzione.




Una di queste però non aveva la porta e rimaneva buia, risultava appartata sia all'osservatore che passeggiava nel corridoio principale sia da chi avesse avuto accesso dalle scale di collegamento tra i piani, purtroppo a renderla realmente inaccessibile era il fortissimo e penetrante odore di urina stratificata lasciata da selvaggi visitatori che avevano approfittato dell'intimità che la stanza offriva. Continuai a guardare intorno quando improvvisamente un inaspettato raggio di sole, ormai verso il tramonto, attraversò le nuvole ed in qualche modo illuminò la stanza. Alzai gli occhi e vidi uno spettacolo incredibile, sopra di me impressa sulla volta le luci che entravano dalle feritoie si incrociavano nel buio del soffitto a volta formando una perfetta croce templare. Rimanemmo ad osservarla senza parole, perfino l'odore fino a quel momento fortissimo si era quasi annullato, poi prima che le nuvole oscurassero di nuovo il sole portando via la magia mi ripresi e riuscii a scattare qualche foto, il risultato non rende certo giustizia a quanto osservato ad occhio. E' stato forse frutto del caso che l'esposizione del castello permetteva l'ingresso alla luce del sole con quegli angoli e a quell'ora? E' forse un caso che quei raggi rimbalzassero sui marmi con precisione astronomica. E' ancora un caso che due raggi di sole paralleli per nascita arrivino nello stesso punto girati di 90 gradi. E' un caso che la struttura a volta del soffitto ha fatto si che le estremità della croce fossero più larghe rispetto al centro. E' un caso che ancora le estremità della croce abbiano un taglio netto alle estremità e non sfumato come ci si potrebbe aspettare. Troppe coincidenze non fanno altro che creare una certezza, e cioè che qualcuno ha costruito con estrema maestria il tutto compresa la posizione stessa del castello che risulta essere leggermente asimmetrica rispetto agli assi cardinali.


Fino ad ora si sapeva ad esempio che a mezzogiorno dell'equinozio di autunno, le ombre delle mura raggiungono perfettamente la lunghezza del cortile interno, ed un mese dopo coprono anche l'intera lunghezza delle stanze. Ma se questo meccanismo fosse replicato anche negli altri mesi?


E' risaputo che Federico II, che ebbe molti contatti con la cultura d’oriente, e la simbologia egizia, Castel del monte era ed è un simbolo di conoscenza come dichiarato su pietra dalla rosa scolpita che sovrasta il portone d'ingresso.


N.B.
La luce che ho fotografato era di colore bianco, ma chissà se in un particolare periodo dell'anno il colore di quella croce non fosse rosso come la luce del tramonto, rosso come lo stemma templare sullo sfondo nero della volta...

Di seguito ripropongo le fotografie dove sono stati fermati i punti di rimbalzo della luce.

Il raggio di sole entrava da una feritoia posta sulla scala e si rifletteva sul pianale in marmo per poi proiettarsi verso l'alto vedi foto, l'altro si rifletteva sulla colonna che sosteneva la scala a chiocciola.



Le Foto



A) L'ingresso del raggio di sole dalla feritoia laterale e rimbalza sul pianale in basso





B) Raggio che rimbalza sulla colonna centrale





C) Proiezione sul soffitto a volta, la forza della luce era compromessa dalle nuvole*






C1) Stessa foto di prima amplificata per aumentarne i contrasti
si nota chiaramente la struttura a croce








D) Riproduzione della Croce templare

giovedì 30 ottobre 2008

Il mistero del colore

(di Massimiliano Benvenuti)

Tutto quello che non viene insegnato a scuola sul concetto di luce e colore cercherò di riassumerlo in questo testo. Tempo fa durante una conferenza, dopo aver esaurito il discorso sul tema trattato, ebbe inizio il dibattito, tra le varie domande che mi vennero poste, ci ne fu una apparentemente semplice ma che così non era.

Una voce disse... “Di che colore è la luce?”

Stavo per fare una figuraccia, stavo per rispondere bianco, che poi è la risposta accademica che ti insegnano a scuola quando hai l’età del bambino che mi aveva posto la domanda. In un attimo nella mia testa entrarono una miriade di pensieri e quando li rimisi in ordine cercai di rispondere con parole simili a quanto segue nelle righe sottostanti.

A scuola insegnano che la somma dei colori primari contenuti in un raggio di luce come risultato generi il bianco, numerosi sono gli esempi proposti. In realtà è solo una colossale truffa o per meglio dire, la più antica delle illusioni che ancora oggi cavalca il nostro senso di percezione. Per rispondere correttamente bisogna fare un passo indietro, ed entrare nel meccanismo percettivo dell’occhio.

Da studi fisiologici effettuati su quest’organo di si è appreso che quando un raggio di luce che attraversa il suo interno passando dalla pupilla, arriva sul fondo dove migliaia di recettori raccolgono le informazioni luminose per poi inviarle al cervello che le codifica dandoci l’idea della vista.

Il centro del discorso sono proprio questi recettori, ne abbiamo principalmente due tipi, i bastoncelli ed i coni, i primi situati nella regione periferica, sono in grado di reagire agli stimoli luminosi privati del colore, in sostanza vedono in bianco e nero, i secondi invece localizzati nell’area centrale, quella che raccoglie un maggior numero di informazioni, sono differenziati in tre sottotipi distinti in quanto ognuno di loro reagisce in modo specifico a tre colori che poi sono stati definiti primari ossia rosso, giallo e blu. I recettori non sono distribuiti in maniera ordinata ma sono sistemati in modo casuale ad esempio immaginatevi di osservare dall’alto un campo con dei fiori composti appunto dai colori primari.

Per ogni colore ci sono all’incirca la stessa quantità di recettori quindi da questo se ne deduce che l’impronta percettiva visiva è diversa da persona a persona, esattamente come accade per le impronte digitali. Nei daltonici la quantità dei tre tipi di recettori non è uniforme, le variazioni quantitative, troppi recettori di un tipo oppure troppo pochi, causano disturbi visivi tali da non permettere loro di distinguere alcuni colori.

Fin qui tutto torna, nulla di strano, sono cose risapute, adesso arriva la parte divertente, ossia parleremo non di quello che è dentro il nostro occhio bensì di quello che avviene fuori, nel mondo esterno, parleremo del campo elettromagnetico.



(Schema semplificato del campo elettromagnetico)

Da quello che i fisici sono in grado di misurare, di tutto lo spettro elettromagnetico finora conosciuto solo una piccolissima parte è visibile all’occhio umano, tutto il resto è buio, come se non esistesse.

Tutto il mondo cosi come lo conosciamo, come lo viviamo, è vincolato dalla percezione di quella minuscola fettina di un’immensa torta. Che fine ha fatto tutto il resto?

Ma la cosa più misteriosa arriva ora, le onde elettromagnetiche viaggiano nello spazio a determinate frequenze, immaginatevi la superficie di uno stagno in cui avete lanciato un sasso, ci saranno onde che hanno un oscillazione più lunga, altre più corta. Per rimanere su quello che conosciamo ad esempio la luce rossa ha una frequenza più ampia rispetto alla luce viola.

La sostanza del discorso è proprio questa, indipendentemente dal tipo di frequenza le onde elettromagnetiche non hanno un colore, sono solo delle oscillazioni nello spazio/tempo che i minuscoli recettori che popolano il fondo dell’occhio, ad esempio quelli del rosso o per meglio dire sensibili alle oscillazioni presenti nell’intorno della lunghezza d’onda di 560 nanometri, riconoscono, quantificano ed inviano l’informazione al cervello, il quale dopo l’elaborazione ci restituisce come rosso.

E' il cervello quindi che colora il nostro mondo

Stupiti? Non ancora, c’è giusto il tempo per lanciare un’altra sorpresa. Secondo voi come funzionano gli altri sensi del corpo umano? Esattamente nello stesso modo, sono solo dei segnali di varia natura che di volta in volta vengono tramutati in sensazioni emozionali che ci immergono in questo viaggio conosciuto come vita.